Allora come oggi…


Battista Pesenti Gritti Segugista

Battista Pesenti Gritti

Il commento a una intervista fatta dal compianto Don Nando Armani al grande segugista Battista Pesenti Gritti ed apparsa , ovviamente qualche anno or sono, sulla nota rivista venatoria Diana

(di Marco Rossi)

 

Giorni fa, essendomi venuta la “sacra ispirazione” di scrivere a proposito di una mia teoria riguardante la pigmentazione e il pelo dei nostri amici segugi, sono andato a ricercare alcuni scritti che pensavo fossero in una valigia in soffitta dove, per caso, ho riconosciuto un vecchio raccoglitore ad anelli nel quale avevo inserito degli articoli fotocopiati da vecchie riviste. Sfogliandolo mi è balzato all’occhio un bellissimo articolo-intervista di Don Nando Armani il quale rivolgeva domande ad un grande segugista ed esperto giudice Enci: il famosissimo Battista Pesenti Gritti. Quell’articolo mi ha colpito per il suo carattere attuale allora come oggi; e per questo desidero proporlo integralmente a chi ancora non ha avuto il piacere di leggerlo, cercando di commentare le risposte (con molta umiltà) ed evidenziando le frasi che ritengo, a mio modesto parere, molto significative. E poiché, innanzitutto, è doveroso citare la fonte dell’articolo, vi dirò che faceva parte di un “Diana” che purtroppo ho perduto e del quale, per questo, non posso riferire il numero esatto, né l’anno di pubblicazione. (…continua)

“Quattro parole sul Segugio”

Tuttavia, il titolo dell’articolo è: “Quattro parole sul segugio; chiacchierata di Nando Armani con il segugista e giudice  Enci Battista Pesenti Gritti”, ed inizia così: “I monti che circondano Taleggio si presentano maestosi e quasi tutti ricoperti di vegetazione, sembrano fatti apposta per la caccia. Una buona persona che nasce in questa valle avrà maggiori possibilità di sviluppare in lui la passione per la caccia con il segugio, perché sono zone estese e difficoltose sia per il mutamento della vegetazione che per la composizione del terreno. Sono salito fin qui per fare quattro chiacchiere con il titolare del canile che ha preso il nome della valle; il grande segugista e giudice dell’Enci Battista Pesenti Gritti; parlare con quest’ uomo del segugio è un immenso piacere, soprattutto se si ha la volontà di imparare. Le sue risposte hanno sempre qualcosa di nuovo: a volte i suoi grandi occhi si accendono di gioia, altre volte vi leggi la sfiducia e l’angoscia.” Da queste prime poche righe si capisce subito la stima e la fiducia che Don Nando Armani ripone in questo personaggio, fonte di sapere grandissima del segugismo. E a sostegno di ciò vi è, come ulteriore testimonianza, altresì la pubblicazione da parte di Nando Armani dell’ultima lettera scritta da Pesenti Gritti che faceva presagire la sua scomparsa. Da parte mia, come il lettore avrà certamente notato, ho evidenziato una parte di frase che ritengo essenziale per qualsiasi cinofilo, segugista e non, e che oggi come mai viene a mancare. Poiché ritengo che umiltà e curiosità siano, ormai, valori molto rari; soprattutto nell’ambiente segugistico, nel quale gli pseudo-appassionati ripongono la loro attenzione solo alle foto e alle classifiche delle prove zootecniche. Ma ecco come prosegue l’articolo:

1) – “D. – Pesenti, che ne pensa del segugio di oggi?” “R. - In 40 anni di allevamento ho avuto il 99% di richieste di cani di media statura cm. 50/55 di garrese. Il segugio è un cane da fatica, ogni sua parte deve essere proporzionata per un lavoro che normalmente si svolge in condizioni ed in luoghi impervi; infatti per avere successo a volte deve introdursi in sottoboschi pieni di spine e deve camminare in una fitta vegetazione specie in montagna e in collina. L’ avvocato Zacchini titolare del canile Lamon di Marrani è stato il più grande accanito difensore del segugio di taglia piccola a pelo liscio,  mentre gli avvocati Luigi Ciceri e Zacchetti hanno lavorato soprattutto con soggetti a pelo forte che erano di garrese leggermente più alti dei peli lisci di Zacchini non superando comunque i cm. 56 di garrese ed erano raccolti e muscolosi.” Ebbene, osservando attentamente la foto allegata all’articolo (e, haimé, purtroppo non qui riproducibile) è doveroso porre l’attenzione verso la taglia e l’ossatura del segugio, così fine (e non tondeggiante come se ne vedono spessissimo in giro) da non compromettere la corretta inserzione della muscolatura che deve essere lunga, asciutta e piatta; non tondeggiante appunto. Pesenti Gritti già aveva capito che il Segugio Italiano, essendo un “briquet”, doveva essere di taglia molto contenuta per non stravolgere né la voce né il movimento, che sono il biglietto da visita di ogni razza; dobbiamo analizzare non il colore ma la fattura dei profili, delle teste e l’espressione dell’occhio! Ad esempio, se noi guardiamo un Pointer, un Beagle o un Setter inglese non li riconosciamo grazie al colore ma, per primo, dalla testa, quindi dal suo movimento in azione: il Pointer si inchioda in ferma a 45 Km/h sempre dominando il vento, ben eretto e spavaldo, mai schiacciato come appunto il Setter inglese che, più cauto, lo vedrete già abbassarsi in filata fino al “setting” della ferma. Queste sono le vere differenze importanti nelle razze e non i colori. Appena vediamo un po’ di bianco nei nostri segugi pensiamo subito all’immissione di sangue francese (anche se io penso che in tutti i Segugi Italiani di oggi e in molti di quelli di ieri, non solo in quelli dell’allevamento di “Sorbo”, scorra una goccia o più di sangue francese); ma questo è indipendente dal bianco che, oltretutto, nello standard è ammesso sul muso e sul cranio. Cito: “maschera simmetrica o no, stella bianca al petto, sul collo, sui metacarpi, sui metatarsi, sui piedi, e alla punta della coda.” Chiaramente, come recita lo standard: “meno ce n’è meglio è”. Ma addirittura ciò non comporta la squalifica! E, del resto, ancor oggi, nel Segugio dell’Appennino-Lepraiolo Italiano troviamo vaste zone di bianco, ma a nessuno verrebbe mai in mente l’idea dell’immissione francese.

Il Segugio d’oggi

2) – “D. – Che cosa manca al segugio di oggi per competere con quello del passato?” “R. – Manca l’esercizio singolo che porta allo sviluppo delle doti venatorie; la razza è data e conservata dal cane singolo e non dalla muta. Quando noi accoppiamo due soggetti, vogliamo che siano completi, tali da riprodurre il cane che cerca l’incontro, accosti, scovi ed insegua, non il cane che cerca l’incontro, ma che non scova mai, accosta ma non scova oppure scova ma non accosta ecc.” La prova del singolo fu riapprovata e reintrodotta dal mio carissimo amico, ed esperto di tante razze da seguita, dott. Giancarlo Bosio (ex presidente Sips), che fin dalla sua più tenera età conosceva bene Pesenti Gritti. Purtroppo il corso dei tempi fa portare tutti, me compreso, a preferire la muta al cane singolo, forse per la “teatralità” e lo spettacolo che può offrire una muta ben affiatata. Ma con il tempo, l’esperienza e l’osservazione, credo di essermi accorto che il nostro segugio perderà, a lungo andare, la dote innata dello scovo per desuetudine. Dico questo perché è evidente e logico che una muta anche di 4, 5 o 6 cani l’ 80% (non matematico, ma solo indicativo) delle volte solo con la voce di accostamento fa derubare la lepre prima ancora che i cani arrivino nel raggio delle doppie. L’altro 18 % la lepre rimane sul covo fino a che i cani non sopraggiungono a 10-15 metri da essa per derubarsi davanti alla muta, ma senza essere scovata! Infine il rimanente 2% potrà essere scovata grazie all’esperienza del canettiere o al grande “fondoschiena” di un qualsiasi soggetto della muta. Ma questo non significa saper scovare! Lo scovo vero e proprio, infatti, è svolto da un soggetto propenso a tale attitudine, che legge intorno a sé, e attraverso atteggiamenti caratteristici fa capire al canettiere e alla muta che lo scovo è imminente. I soggetti puri scovatori smettono di vocalizzare nel raggio delle doppie, sono tesissimi e attenti a tutto ciò che li circonda, amplificano udito e vista, fondamentali in tale fase.

Ritornando al discorso dello scovo c’è da aggiungere, però, che il Segugio Italiano una volta addestrato come singolo difficilmente caccerà in muta; e questo lo dico per esperienza personale. Perché? Presto detto: non è nato come cane da muta bensì come cane da usarsi al massimo in coppia. La muta si basa su soggetti che non possono essere ambiziosi e individualisti, perché ciò andrebbe contro al concetto di muta e di “lavoro di squadra”. Se fosse il contrario sarebbe un caos dovuto all’eccitazione e all’ansia di scovare per primi, e ciò porterebbe il soggetto a sorpassare i compagni. Concludo questo commento affermando che, secondo me, se continueremo a selezionare in funzione della muta questa non avrà più necessità di cani scovatori; e così perderemo tale dote innata. Ma torniamo all’intervista di Don Nando.

3) –  “D. – Si dice che per gli allevatori oggi il naso non è più un problema, perché ormai si è raggiunto l’optimum.” “R. – Non diciamo fesserie, cerchiamo piuttosto di dare ai nostri segugi un olfatto utile, che sappia valutare l’intensità e lo sviluppo della traccia e questo avviene da una elaborazione olfatto-intelligenza; parlare quindi di grande naso non ha nessun significato.” Questa risposta va contestualizzata: certo è che per la mia regione (Toscana), salendo fino più a nord, oggi come venti o trenta anni fa è sempre valida. Ma come a noi serviva un tipo di segugio  in grado di analizzare e valutare l’utilità dell’usta e quindi in grado di far collaborare l’olfatto col cervello, in altre realtà faunistico-ambientali come l’ Abruzzo, il Molise o la Basilicata c’era la necessità di altri tipi di ausiliari in quanto vi erano presenti pochissime lepri, e con delle abitudini diverse dalle nostre. Ad esempio: se i cani, o il cane, incontravano una pastura anche delle tre del mattino dovevano necessariamente lavorarla per ore (perché non ve ne erano altre più vicine) e se il conduttore avesse spostato i cani da quella pastura, perché non utile, avrebbe perso il lavoro di una mattinata in quanto, spostandosi, avrebbe incontrato altri cacciatori che lavoravano su altre pasture a lui note. Da queste esigenze nacque il termine coniato dal compianto Avv. Fioravanti: soggetto di grande attacco o di lungo corso. A quei tempi e in quei luoghi vi era la necessità di un tipo di ausiliare consono a quei territori e a quelle lepri, quindi la selezione fu centrata sui quei bisogni, che oggi, salvo rare eccezioni, non sono più gli stessi. Ma come sempre noi ci scandalizziamo di tutto! Pensiamo piuttosto alla Francia che ha selezionato molte razze da seguita, ognuna adatta alle esigenze di ogni regione e ai diversi tipi di fauna come ad esempio il Petit Bleu de Gascogne, gli Ariègeois o il Gascon Saitongeois, tutte razze nate e sviluppatesi in regioni dove l’olfattazione era quasi nulla. Mentre, al centro nord, ebbero più successo razze di spiccata iniziativa, anch’esse di ottimo olfatto, ma che sfruttavano solo tracce utili tralasciando le uste notturne, semplicemente perché l’umidità, l’ambiente e la vegetazione glielo consentivano. Quindi poiché, come si suol dire, tutto mondo è paese, ognuno di noi ha adattato o ha cercato di adattare il Segugio Italiano alle proprie esigenze locali, e queste ne hanno cambiato l’aspetto e la psiche (l’organo che si adatta alla funzione). Pertanto troveremo dei soggetti che avranno più o meno sangue francese a seconda dei “gusti” e delle regioni. Dirò di più, a parer mio, anche se noi tutti selezionassimo con delle direttive univoche e ben precise, suggerite dal comitato tecnico- scientifico, non basterebbero vent’anni di selezione serrata, seria e mirata per avere un unico Segugio Italiano diffuso in tutta Italia.

La realtà segugistica

4) – “D. – Che compito hanno oggi i privati per la conoscenza della razza?” “R. – I privati sono gli unici che possono dare il segugio completo; perché solo loro con pochi soggetti, (oppure anche un allevatore serio, ma con un numero limitato di riproduttori) potranno darci dei cuccioli figli di femmine che prima di essere fattrici sono state e sono delle valide cacciatrici. In alcuni paesi d’Europa non è permesso di iscrivere più di trenta quaranta cuccioli di una sola razza e da parte di un solo allevatore; con ciò si vuole che la quantità non sia dispersiva a danno della qualità. Ripeto qui quello che ho scritto sulla rassegna cinofila del 1952: allevare cani da esposizione è di tutti, mentre allevare cani belli e buoni è di pochi. Purtroppo mi spiace a dirlo non sono passati trent’anni ed i problemi che riguardano la razza sono ancora gli stessi e la legge continua a discriminare e perseguitare il segugio ed i suoi appassionati.” Devo qui premettere che non sono del tutto d’accordo con la risposta di Pesenti Gritti, per quanto riguarda le figure dei privati e dei piccoli allevatori, fatte le dovute eccezioni. Dicendo questo probabilmente mi farò qualche nemico, passando da saccente (il che potrebbe anche essere vero), ma spero comunque che qualcun altro rifletterà su ciò che scrivo e che, a mio parere, è la vera realtà segugistica italiana di oggi. Ebbene oggigiorno, secondo me beninteso, la situazione è questa: vi è chi legge, nelle riviste specialistiche, solo le classifiche e si preoccupa solo di fare attenzione a quelle e alle foto dei cani; vi è poi l’appassionato che però, spesso, nonostante tutta la sua buona volontà è poco acculturato per quanto riguarda l’allevamento canino perché si è limitato a leggere solo testi che trattano del segugio, ed infine ci sono personaggi (ai vertici) che sarebbero molto competenti; che avrebbero solidissime basi scientifiche e i mezzi per dire e fare qualcosa, ma ai quali il sistema stesso impedisce di divulgare ciò che sanno perché danneggerebbero il meccanismo economico che oggi sta dietro tutta la grande macchina della cinofilia.

Passando ad un’analisi più approfondita della prima categoria si può dire che quest’ultima sia individuabile nel cacciatore che si cura più del carniere piuttosto che della forma e dello stile del cane. Anche perché non ne conosce la struttura (l’apparato scheletrico, la muscolatura) e tutto ciò che riguarda il lato cinognostico, pur credendosi un grande intenditore del segugio. Per quanto riguarda la seconda, invece, nonostante i suoi appartenenti abbiano la volontà e la curiosità di informarsi sui segugi, non hanno capito che limitandosi alle sole letture “classiche” sul segugio e sul segugismo e non ampliando la propria ottica sui cani, in generale, non hanno raggiunto lo scopo che si prefiggevano, infatti, leggendo solo i manuali scritti dai grandi personaggi del segugismo hanno tralasciato i testi più importanti che riguardano la zoognostica del cane, i vari testi più recenti di genetica applicata all’allevamento canino e, soprattutto, l’aspetto psichico del cane affrontato in vari testi americani e inglesi tradotti nella nostra lingua (tengo a sottolineare che la bellezza più importante in un cane di qualsivoglia razza è la bellezza psichica). Fino ad arrivare all’ultima categoria che comprende alcune persone molto preparate e che, tramite i mezzi che posseggono, potrebbero proporre vari modi per far sì che il segugismo nazionale progredisca a livello culturale attivando, ad esempio, dei corsi di formazione prima sulle materie fondamentali sopraccitate, poi altri corsi più specifici sull’allevamento canino, sulla gestione del cucciolo, sull’alimentazione e la crescita del cane, sull’igiene del canile.

Purtroppo, però, dovete sapere (e pensare) che per diventare giudice di prove di lavoro sono necessari solamente sei giorni di preparazione a Milano. Questo fa capire la serietà con cui si affronta la cinofilia oggi in Italia! Al contrario, nei corsi di preparazione per conseguire l’esame da esperto giudice di esposizioni, si obbliga il candidato a dover conoscere tutta la struttura del cane (l’apparato scheletrico, la muscolatura, le angolazioni, le leve, le articolazioni, ecc.) studiando su testi veramente scientifici e di alto livello formativo. Personalmente, quindi, ritengo che visto che l’allevatore svolge un ruolo fondamentale e preponderante nello sviluppo, nella crescita e nel miglioramento della razza, dovrebbe essere sottoposto ad esami ben più severi rispetto a quelli dei giudici. Un’altra verità importantissima che afferma Pesenti Gritti e che condivido pienamente è che in alcuni paesi d’ Europa non è permesso iscrivere, da parte di un solo allevatore, più di trenta quaranta cuccioli. Infatti, come ci dice lo stesso, è molto improbabile che chi produce una quantità “industriale” di cuccioli possa conoscere il valore di ogni fattrice. Questo porterà sicuramente ad un elevato numero di iscrizioni, ma andrà anche a grosso scapito della qualità di questi cani; e se vogliamo guardarla in un’ottica ancor più ampia, questo meccanismo e questa mentalità porteranno grossi danni alla razza. E’ come se, ad esempio, un artigiano costruisse un oggetto e questo lo si volesse paragonare ad un altro oggetto simile, ma costruito in catena di montaggio. O, meglio ancora, portando ad esempio altre situazioni più vicine a noi cinofili, guardiamo il nostro Bracco italiano, è appurato che circa l’80% dei soggetti iscritti a prove di lavoro ed expò sono allo stesso tempo Campioni Italiani di Lavoro e di Bellezza, questo perché le iscrizioni annue ammontano a circa 800 soggetti che sono gestiti, per lo più, da un gruppo ristretto di veri appassionati e conoscitori della propria razza. E ancora, guardiamo al Pointer, razza che ebbe il suo boom tra gli anni ’50 e ’60, ebbene al tempo molti si improvvisarono allevatori ma nonostante la grande mole di iscrizioni il livello della razza non è mai stato alto come quello di oggi, sempre perché la razza è rimasta in mano a pochi appassionati e veri allevatori. Per questo, ritornando alle parole di Pesenti Gritti, posso anche riconoscere  che quello che ha affermato poteva risultare valido a quel tempo, nonostante io sia dubbioso a riguardo, ma certamente non oggi, in questa Babele di presunti segugi e presunti segugisti.

Alcune precisazioni

5) – “D. – Ho letto un articolo di Renzo Marchesi apparso su un recente numero di “Diana” intitolato: “ Venditori-compratori- cani-…”Che ne dice?” R. – “Ha avuto del coraggio nel fare una diagnosi dolorosa ma vera ed indicativa di uno stato di cose troppo confusionarie e quindi deleterie per la razza.”

6) – “D. – Secondo lei qual è la differenza tra cagnaro e allevatore?” “R. – Sono due persone che hanno un fine diverso anche se sono in pochi ad averlo capito. L’allevatore è un cultore della razza, impegna la sua passione e capacità per scoprire qualcosa di nuovo per dare impulso e migliorare le doti morfologiche e venatorie dei riproduttori. L’allevatore non lascia spazio all’avventura, ma è convinto di far bene anche se purtroppo qualche volta le sue previsioni non corrispondono alle premesse. Il pericolo maggiore per il vero selezionatore è l’ingratitudine e la mancanza di collaborazione da parte di chi deve concretizzare le doti dei vari soggetti sul terreno di caccia. L’allevatore cagnaro ha un’unica preoccupazione: vendere molto propagandare con ogni mezzo onesto e disonesto il prodotto del suo allevamento.Sicuramente queste parole sono già, in ogni punto, molto chiare quanto esaustive ed attuali ancora oggi. L’unico punto che merita, a mio parere, un chiarimento, è riguardo alla pubblicizzazione dei propri prodotti: oggi, infatti, è necessario fare questo anche per i piccoli allevatori amatoriali in quanto sussiste l’esigenza di recuperare almeno le spese della cucciolata (Modello A, Modello B, iscrizione all’anagrafe canina locale e vaccinazioni, vermifughi ogni 14 giorni fino ai 60 giorni di età, alimentazione e quant’altro prevede il corretto svezzamento di una cucciolata).

7) –  “D. – Cosa pensa della definizione di “segugio zoppo” che l’avvocato Pecorini dà allo specialista?” “R. – Siamo sempre lì; il grande cane, il riproduttore, il fissatore deve essere un cane completo un soggetto cioè che sappia trovare la lepre lavorando da segugio. Deve quindi cercare la pastura, proseguire con metodo ed iniziativa verso il covo (accostare), scovare inseguire insistentemente risolvendo i vari falli. Un segugio al quale viene a mancare una di queste doti è un “segugio zoppo” come giustamente lo definisce l’avvocato Pecorini Maggi. Chi ha tolto la prova del singolo nelle gare è responsabile di fronte alla razza nel suo inevitabile decadimento.” La risposta di Pesenti Grtitti alla settima domanda si ricollega per contenuti alla seconda, e sinceramente ritengo che non abbia bisogno di ulteriori commenti.

8) – “D. – Abbiamo sentito in giro che si vuole organizzare un campionato europeo, che ne dice?” “R. – Per poter dare una valida risposta bisognerebbe prima sapere come si svolgono tali gare; su che terreno, su quale selvaggina e con quale regolamento. Per ora sembra solo un pensierino della sera e niente di più. Se le gare sono simili a quelle che si svolgono nella contea d’Angiò o nel ducato d’Equitania ci troveremmo handicappati in quanto il nostro segugio da secoli è selezionato per il lavoro singolo, ha tanta personalità che difficilmente si adatta al lavoro di muta come l’intendono i francesi, gli inglesi, i polacchi, sarebbe voler pretendere dal nostro cane di non darci tutto quello che ci può dare, ma di darci quello che non ci ha mai dato nella sua storia di segugio italiano. Queste idee personali di pochi (se sono vere) servirebbero per distruggere le caratteristiche del nostro ausiliare a vantaggio dei segugi esteri da sempre selezionati per mute composte di 50-100 soggetti.” Da queste righe si evince che l’incontro internazionale era, all’epoca dell’intervista, un’idea prematura come l’illustre intervistato fa giustamente notare mettendo alla luce le prime incongruenze. La sua cultura ed esperienza cinofila lo portavano a presumere che tali prove fossero pensate come un’ emulazione delle prove classiche per i paesi citati, cioè a modo della chasse a courre , mentre poi si sarebbero rivelate imitazioni di caccia a tiro. Giustamente si sarà domandato come faranno i nostri segugi nazionali a rinunciare alla loro spiccata personalità per essere solo relegati ad un lavoro di specializzazione. Già è difficile formare una muta di soli quattro soggetti completi in tutte le fasi, che sia veramente una muta, figuriamoci di 50-100 soggetti, come avviene con alcune razze francesi ed inglesi selezionate per questo tipo di lavoro fin dalla seconda metà del 1600 circa. Chiaramente noi italiani siamo molto avvantaggiati nel campionato europeo in quanto il Segugio Italiano, tra pelo raso e pelo forte, conta le circa 7000 iscrizioni annue, e dietro a questo dato c’è un riscontro economico enorme per colui che vince il campionato europeo. Quindi anche se le spese sono a carico del o dei concorrenti il gioco vale sempre la candela. Dall’altra parte abbiamo il problema opposto, infatti la Francia avendo molte razze da seguita non trova alcun riscontro economico dalla Coppa Europa, basti pensare che la razza più iscritta nel gruppo 6 è il Beagle che, non vorrei errare, si aggira sui circa 2000 soggetti iscritti, seguito dal bassetto fulvo di Bretagna. Le altre razze, anche quelle più note qui in Italia, non arrivano alle 1000 iscrizioni. Calcolando poi che molte razze vengono usate solo su coniglio-capriolo-cinghiale possiamo ben dire che se in Francia ci fosse qualche privato con una muta valida, cosa volete che gliene importi di vincere la coppa Europa?

Conclusioni

9) – “D. – Quali prospettive vede per il futuro del nostro segugio?” “R. – Piuttosto pessimistiche; le leggi oggi vigenti sulla caccia impediscono un esercizio sufficiente perché il segugio possa fare una adeguata esperienza nel suo difficilissimo lavoro. Quando si poteva cacciare per quattro mesi consecutivi e si poteva dare libertà ai propri cani per tutto l’anno senza incorrere in contravvenzione si diceva che un segugio perché potesse servire doveva aver cacciato da solo almeno per tre anni; oggi con le limitazioni che si impongono, i nostri segugi diventano purtroppo “grigi” e li chiamiamo ancora novelli. Un buon soggetto oggi non ha prezzo perché chi ha la fortuna di possederlo lo terrà ben caro.” Ebbene ancora oggi, nel 2011, in alcune regioni d’ Italia, ad esempio la mia Toscana, si è privi di zone per addestrare i cani da seguita. Esistono, è vero, come alternativa  dei grandi recinti di addestramento, ma in realtà non servono per addestrare i propri ausiliari ma solamente per incrementare le casse della associazioni venatorie e del gestore del recinti. Questo in quanto nei recinti dovrebbero esserci, per legge, o sole lepri maschi o sole lepri femmine mentre, in pratica, oltre a far pagare sette (7) euro l’ora per ogni cane coloro che gestiscono la struttura fanno in modo che ci siano lepri di entrambi i sessi, per poi vendere illegalmente le lepri nate. E i segugisti non si stanno accorgendo che vengono truffati due volte, in quanto le lepri di recinto non avranno mai un comportamento di una lepre vera, nata e cresciuta in terreno libero; quindi non vedo l’utilità pratica di questo surrogato di addestramento se non come iniziativa di aggregazione sociale.

10) – “D. – Che ne pensa del regolamento delle prove con il segugio?” “R. – Non lo approvo in pieno perché si vuol giudicare il segugio italiano come se fosse un segugio francese o inglese; ossia premiarlo come specialista (avvicinatore,, scovatore, centro puro, centro avanzato, inseguitore come si fa nei paesi d’oltre Alpe) mentre il nostro segugio (il segugio che tutti i segugisti italiani vogliono) deve possedere in sé tutte le qualità sopra citate, se non si vuole arrivare ad un terzo, un quarto o un quinto di cane che non servirebbe né al cacciatore né all’allevamento.” Nel commento che segue devo tornare ai contenuti della quarta risposta data dall’intervistato in cui afferma che: “I privati sono gli unici che possono dare il segugio completo”, io dico che in realtà non è che “possono” bensì è quello che desidererebbero dagli allevatori. E dico che non possono semplicemente perché non detengono una cultura abbastanza profonda a livello cinofilo e, soprattutto, non posseggono le nozioni tecnico-scientifiche (genetica, zoognostica, ecc.) indispensabili per la creazione di un qualsivoglia animale, da lavoro o di utilità. Al contrario dei garisti i cacciatori desiderano un cane che sappia far tutto (anche se poi questo tutto spesso e volentieri viene fatto o con voci equivoche, o senza alcun stile di razza) perché in realtà quello che gli interessa realmente è portarsi a casa una lepre; per poi raccontare al bar tutte le peripezie della cacciata che, invece, non sono mai accadute (un amico che stimo molto dice sempre che allo pseudosegugista non interessa se il gatto sia nero, bianco, o a pois, l’ importante è che sappia catturare i topi). Dall’altro canto troviamo gli appassionati delle prove di lavoro che cercano soggetti specialisti perché ammaliati dall’esteticità e,  forse, dalla moda della muta.

11) – “D. – Perché lei che è sempre stato un pioniere della razza del cane da seguita la vediamo così di rado in mezzo a noi per darci questi interessantissimi insegnamenti?” “R. – Mi sono appartato perché il mio fine è sempre stato il progresso del segugio da lavoro con buona tipicità di razza e perché il segugio per essere un cane funzionale non può trascurare il lavoro singolo per dare la prevalenza alle apparenze ed alla passerella.” In conclusione: non è tutto oro quel che luccica… permettetemi quindi un piccolo consiglio: quando acquistate un cane adulto e l’allevatore desidera lasciarvelo in prova diffidate! Al contrario fidatevi di quello che vi proverà il cane lui stesso, nel suo territorio. Chiaramente, poi, starà a voi capire dalle pasture quante lepri vi sono in quella zona, se la giornata è favorevole o no. Ma considerate che il cane che vedrete con il proprietario farà il massimo di quello che può fare mentre, con voi, se vi fosse dato in prova, farebbe un terzo di quello che in realtà sa fare con lui. Magari se non siete convinti tornate a provarlo una seconda o una terza volta, ma così, almeno, saprete quello che portate a casa.